(Test Tesla Roadster Sport – Immagini di Paolo Demaldé – Driver Paolo Calovolo)
Elettrico o non elettrico, questo è il problema! Ad oggi e nel futuro a breve termine sarà più opportuno sopportare gli “oltraggi” dei costi di gestione, dei blocchi della circolazione e della nomea di inquinatore o affrontare un mare di potenziali problemi e convertirsi, culturalmente e praticamente, all’uso dell’auto elettrica? Questo è il dubbio Amletico che ci coglie di fronte alla possibilità di acquistare un’auto totalmente elettrica.
Il “mare di potenziali problemi“ sono sostanzialmente dovuti a una scarsa conoscenza del “mondo” della mobilità eco sostenibile. E, inizialmente, le domande che ci poniamo riguardano i costi di gestione, l’autonomia effettiva dell’auto ma, soprattutto, le reali possibilità di ricarica del veicolo. Perché va bene guidare a “emissioni zero”, va bene affrontare piani di ammortamento del veicolo elettrico che all’acquisto costa decisamente più dell’identico modello a propulsione endotermica, ma se la rete dei punti di ricarica è così scarsa e sparsa, cosa ce ne facciamo di una vettura che non ci consente di percorrere distanze logiche tra una metropoli e l’altra? A cosa ci serve una vettura elettrica se non possiamo neppure andare e tornare, a velocità autostradali di sicurezza, tra Torino e Milano? O dobbiamo rassegnarci a viaggiare a “corto raggio? In sintesi, l’auto elettrica “pura” è un veicolo di utilizzo esclusivamente urbano? Le domande sono molte e i dubbi non di meno. Quindi, attingiamo alla storia reperibile sul Web, per risalire alle origini e cercare di approfondire il nostro ragionamento.
Come sempre, quando si attinge alle fonti presenti su Internet, ci si apre un panorama dalle mille sfaccettature e, talvolta, potenziali “bufale”. Meglio, quindi, affrontare la mole di informazioni disponibili con un elevato senso critico…
La prima cosa che “salta agli occhi” è la storia dei veicoli elettrici, che riserva non poche “sorprese”. Tra le citazioni più interessanti, MotorItalia ha scelto questa:
“Seppur ancora oggi stenti ad affermarsi definitivamente sul mercato automobilistico, la storia dell’auto elettrica vanta un’origine antica e di tutto rispetto, essendo stata ideata e sperimentata prima di quella con motore a combustione interna. Facciamo un balzo nel tempo per catapultarci agli anni Trenta dell’Ottocento, quando la mente dell’imprenditore scozzese Robert Anderson partorì il primo rudimentale modello di carrozza elettrica, mentre il genio del professore olandese Sibrandus Stratingh mise su carta il primo progetto di auto elettrica, realizzato poi dal suo collaboratore Cristopher Becker nel 1835.
Fin qui siamo veramente ai primordi: solo la sperimentazione sulle batterie portata avanti da alcuni ingegneri francesi tra gli anni Sessanta e Ottanta del XIX secolo, permise una reale diffusione delle vetture elettriche che, a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, si mostrarono particolarmente competitive nei confronti dei modelli a vapore o a benzina. Rispetto a questi ultimi, che riscontravano numerosi problemi connessi all’avviamento, all’eccessivo surriscaldamento e alla forte emissione di fumi, rumori e odori sgradevoli, le auto elettriche si mostravano pratiche, semplici da guidare, silenziose, prive di vibrazioni e di facile manutenzione.
Francia e Gran Bretagna ebbero posizioni dominanti sul mercato di queste vetture ecologiche, ma anche gli Stati Uniti non rimasero a guardare, se pensiamo che nel 1900 il 34% delle vetture circolanti nelle tre grandi città di New York, Boston e Chicago erano proprio ad alimentazione elettrica.
Dal 1897 la “Grande Mela” sperimentò anche un servizio taxi urbano interamente elettrico con ben 100 mezzi, dimostrando così la propria fiducia verso questa tecnologia che prometteva importanti sviluppi.
Difficile da credere, ma ai primi del Novecento quella sfida, oggi impari tra le vetture a benzina e quelle elettriche, era ben più equilibrata: basti pensare che le maggiori case produttrici di queste auto (Baker Electric, Detroit Electric, Anthony Electric…) riuscivano a battere le loro concorrenti che immettevano sul mercato i mezzi a combustione interna. Perfino negli Stati Uniti, all’epoca, la compagnia elettrica The Vehicle Electric Company risultava la principale produttrice di auto.
Se è pur vero che l’assenza dei transistor e i limiti tecnologici delle batterie frenavano velocità e autonomia delle vetture elettriche, che riuscivano a percorrere non più di 50 Km tra una ricarica all’altra toccando un massimo di 30Km/h, queste vetture si dimostrarono comunque adatte per la circolazione urbana e i brevi spostamenti, incontrando i favori della classe borghese e in generale dei ceti più abbienti.”
La tecnologia ha fatto passi da gigante, ma anche le esigenze di utilizzo (familiare, professionale e commerciale) e di percorrenza chilometrica sono cambiate “pareggiando il conto” e riportandoci quasi al punto di partenza? La riduzione dell’inquinamento ed il risparmio passano davvero per l’utilizzo dell’auto elettrica? Perché l’energia elettrica con la quale riforniamo le E-drive, in fin dei conti, viene prodotta in gran parte da centrali alimentate a combustibile fossile. E dunque?
Queste, e altre, sono le domande a cui vorremmo trovare risposta, con una serie di approfondimenti che affrontino, in maniera esaustiva, la situazione della mobilità elettrica e sostenibile in Italia. Soprattutto cercando di capire quale sia la “giusta scelta”, quanto sperando di trovare, alla fine della ricerca, una risposta “convincente” e supportata da motivazioni oggettivamente valide.
E, così, iniziamo a chiederci: in uno scenario che parta da qui, sino ad un’orizzonte di 5 anni, è meglio orientarsi verso un’elettrica pura, un’ibrida o una plug in?
Noi di MotorItalia questo “viaggio” siamo pronti ad intraprenderlo. Meglio se accompagnati dal parere qualificato delle Case costruttrici protagoniste di questi mercati e da quello, altrettanto autorevole, degli Ingegneri che si stanno applicando all’evoluzione del settore “Propulsioni alternative”.
Gilberto Cerutti & Paolo Calovolo